domenica 2 maggio 2010

Petrolio gas e inquinamenti

Dopo la tragedia di questi giorni, che si amplia di ora in ora, e che sta investendo buona parte del Golfo Messico, 5 stati USA e l’habitat delle foci del Mississipi, ritorna con forza la necessità di sviluppare energie pulite o rinnovabili. Un primo calcolo dei danni che la BP dovrà rimborsare alle amministrazione pubbliche USA e agli abitanti di questa regione ammontano a circa 5 miliardi di €, semprechè la durata dell’emissione del petrolio in mare si possa concludere nel giro di qualche settimana. Nelle ipotesi più pessimistiche, che cioè ci vorranno dai 3 a 5 mesi per fermare le perdite di petrolio dal pozzo oggi incriminato e che la macchia si allarghi sino ad arrivare nell’Oceano Atlantico, in questo caso non è difficile pensare a danni da risarcire intorno ai 50 miliardi di €, data la vastità della zona da recuperare, più grande dell’intera Italia del Nord, della fauna da ripristinare e dalla scomparsa di una produzione ittica di pregio quale gamberi e crostacei in genere, e del tempo necessario perché la natura recuperi se stessa. Le previsione più pessimistiche parlano di circa 50 anni. E’ tutta la politica energetica USA da rivedere. Concessioni di nuove trivellazioni soprattutto in zone particolarmente sensibili, dovranno essere riviste e/o annullate, altre energie dovranno essere rivalutate. In questo momento negli USA esiste una forte discussione sull’utilizzo dello shale-gas. Si tratta di un gas naturale, in prevalenza metano, contenuto in rocce scistose a 1500 metri di profondità e molto diffuso in 48 stati americani. Si considera gas non convenzionale perché contenuto in rocce poco permeabili per la cui lavorazione ha necessità di grandi quantitativi di acqua per trivellare e frantumare idraulicamente le rocce (lo scisto) e poi lo smaltimento di queste lavorazioni potrebbero creare problemi nella regolamentazione della qualità e nella quantità dell’acqua.Lo shale gas, insieme al “tight gas” (sabbie compatte) e al coal bed methane (carbone) rappresenta il 60% delle riserve onshore tecnicamente recuperabile negli USA, secondo gli studi del Dipartimento dell’Energia e in grado di soddisfare la domanda interna per i prossimi 30 anni. La Potential Gas Committee, un gruppo industriale americano che diffonde previsioni biennali, a metà dell’anno scorso valutò le riserve americane di gas naturale a 52.000 miliardi di metri cubi e il 33% di queste riserve era costituito da shale gas. Sempre secondo il Dipartimento USA dell’Energia, 1000 miliardi di mc sono in grado di rifornire l’intero parco di autovetture circolante negli USA per un anno intero. Anche l’Europa è una grande produttrice di gas naturale dalla Norvegia alla Russia, la stessa Italia produce in casa il 16% del gas consumato. Inoltre i grandi progetti d’importazione come il Nord Stream, il South Stream, il Nabucco, appena terminati saranno in grado di soddisfare una domanda crescente e che in parte potrebbero sostituire consumi petroliferi a maggior inquinamento. A Bruxelles è stata costituita da qualche anno Eurogas, società senza scopo di lucro, disciplinata dalla legge belga. Essa ha, come ragione sociale, fra gli altri obbiettivi, quello di promuovere lo sviluppo del gas natural in Europa, sia preparando studi nei settori economici, tecnico e giuridico, sia elaborando studi per lo sviluppo del settore per meglio implementare la cooperazione fra le varie industrie consumatrici, soprattutto quella dei trasporti.

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