mercoledì 21 marzo 2012

Flessibilità alcuni la chiamano precarietà

E' un fenomeno globale, così diffuso che ormai in tutto il mondo viene chiamata con lo stesso nome precarietà. Esso è composto di milioni di persone che vivono un'esistenza precaria di incertezza sociale ed economica, dove le persone devono saltare da un contratto a breve termine ad un pezzo di lavoro precario. James Searle, tutore di tecnologie dell'informazione presso Swinburne University, in Australia, non si aspettava di unirsi ai ranghi sempre più gonfi di questo gruppo. Ma è il classico esempio di una tendenza ormai che pervade tutto il mondo in cui anche paesi come l'Australia, dall'altra parte del globo rispetto all'Italia ne ha un' invidiabile conoscenza. Mr Searle è stato un insegnante di una sessione alla Swinburne dall'inizio dello scorso anno, scopre solo all'inizio di ogni semestre per quanto tempo i suoi servizi saranno necessari, e per quante ore lavorerà. "Probabilmente dovrò farlo per il prossimo futuro'', dice il 27enne esperto di database e informazioni di sistemi, che è parte di un gruppo di insegnanti presso l'università che gestiscono le classi del primo anno. Spesso, dice il signor Searle, non viene pagato in tempo e l'insicurezza della posizione può rendere difficile pianificare il proprio futuro. Egli riconosce che c'è qualche aspetto positivo in questo status, ma rimane profondamente negativo per quanto riguarda una programmazione nel lungo tempo, come il rimanere esclusi dai fondi pensione, piani sanitari etc..Una volta un lavoro a tempo indeterminato era la norma in Australia. Ma dal 1980, un drammatico declino dell'occupazione a tempo pieno e un salto corrispondente nei lavori a tempo determinato, ha interessato fino al 40% della forza lavoro della nazione - sia tra i colletti bianchi che nelle tute blu allo stesso modo. Oggi al Melbourne alla Town Hall, l'ex vice primo ministro Brian Howe terrà il primo dei due giorni di audizioni pubbliche sul lavoro precario, parte di una indagine nazionale sulla crescita del fenomeno che la ACTU ha eseguito negli ultimi cinque mesi. Il signor Howe e l'indagine hanno toccato tutti gli stati australiani e sentito decine di lavoratori, organizzazioni comunitarie, accademici e sindacati. Più di 500 persone e gruppi hanno presentato osservazioni. In molti hanno raccontato della loro mancanza di diritti, della loro incapacità di pianificare, e dell'incertezza costante sulla occupazione a lungo termine. Gruppi industriali e datori di lavoro sostengono che l'aumento del lavoro precario e il contratto a tempo determinato ha dato all'economia australiana una spinta enorme negli ultimi decenni. Molti dipendenti, a loro parere, in realtà vogliono la flessibilità necessaria per soddisfare le loro responsabilità familiari e scelte di vita. La comunità aveva bisogno della flessibilità necessaria per raggiungere la crescita economica, alti livelli di occupazione e di partecipazione maggiore della forza lavoro, ha dichiarato Stephen Smith, direttore delle relazioni sul posto di lavoro presso il Gruppo industria australiana. Ma alla fine sembra che il prezzo che anche la società australiana sta pagando a questo tipo di sviluppo sia troppo alto in fatto di emotività sociale, con relativi difficoltà di rapporti. A pensare che non più di venti anni fa, per molti italiani l'Australia sembrava il nuovo Eldorado.

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